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Fuoco all’edificio amministrativo Ferrostaal

By chronik on 15. November 2019

Geisenheim, 15 novembre 2019

Il prezzo di una vita
Questa notte abbiamo incendiato l’area d’entrata della ditta Ferrostaal a Geisenheim (Rheingau) in solidarietà con la lotta di liberazione curda e contro l’invasione turca di Rojava. Con alcuni copertoni abbiamo incendiato il retro dell’edificio amministrativo. Dove si producono armi e munizioni per tutto il mondo. Presumiamo che sia la ditta sia la polizia non hanno alcun interesse che il tutto diventi pubblico.
Il prezzo della vita – Un proiettile da fucile, forse 0,75€. Ma migliaia di vite? E quale prezzo sei disposto a pagare per salvarne anche una sola?
Non vorremo mai che si possa rimproverarci di non avere tentato tutto. Quando è il momento giusto? Quando decideranno che basta, che basta davvero? Quanto sei disposto a sopportare? E quando sarà troppo tardi. Abbiamo deciso di agire adesso. Non possiamo sopportarlo e non lo sopporteremo più a lungo, e non possiamo e non potremo più a lungo approvare senza ribattere.
Sappiamo che nel capitalismo nel quale viviamo, la massimizzazione del profitto è al di sopra di tutto. È del tutto chiaro che le ditte economiche private non si curano affatto delle conseguenze perverse per la persona della loro corsa al profitto. E, in tutta evidenza, con il massacro di persone si può fare dei gran soldi facili.
Non ci prendono per il culo! Dietro la facciata sono forse delle persone benpensanti, ma quel che fanno è da assassinx. Una bomba serve a uno scopo solo, ed è lanciata su di una casa piena di persone. Le munizioni da fucile uccideranno le persone poiché non hanno altro scopo che uccidere – e di servire gli interessi di potere di coloro che la sparano, fruttando dei bei soldi a chi le produce e le vende. Ecco Ferrostaal.
La ex Fritz Werner Industrie Ausrüstungs (attrezzatura industriale) Srl a Geisenheim opera ora sotto il nome di Ferrostaal. Produce armi e munizioni per l’impiego nelle guerre in tutto il mondo e le vende ad ogni despota, basta che possa pagare. Più ancora: Questa impresa è tra i pochissimi operatori a livello mondiale capaci, da decenni, di progettare e di costruire delle fabbriche complete per la produzione bellica e la produzione di munizioni per i propri clienti.1 Così gli eventuali limiti alle esportazioni sono aggirati nel modo più perverso: Se la vendita delle relative armi e munizioni in una regione è vietata, Fritz Werner/ Ferrostaal offre una possibilità confortevole d’aggirare il tutto. Costruiscono semplicemente una fabbrica d’armi fatta e finita. Ed ecco che le dittature della terra possono produrre in proprio il materiale bellico necessario per opprimere, assassinare ed annientare la propria popolazione o un altra.
Sappiamo che Ferrostaal negherà pubblicamente. L’impresa si presenta al pubblico come specializzata in impiantistica e produzione di macchine, attiva nella regione chiamata MENA (Medio Oriente/Nordafrica). Naturalmente solo con la pacifica costruzione d’impianti petroliferi e solari. Ma non credete alle menzogne degli assassini! Le attività nel settore del riarmo sono abilmente mascherate con un complicato tessuto d’imprese. Anche se il settore si chiama ufficialmente Ferrostaal oil, è comunque legato attivamente al settore del riarmo di Rheinmetall. La Joint Venture Rheinmetall International Engineering Srl, Geisenheim (RIE), gestita insieme a Ferrostaal Industrieanlagen Srl, Essen, era attribuita al settore aziendale Defence – difesa.2
Dove si può massacrare, Ferrostaal è attiva: Turchia, Arabia Saudita, Messico… Un piccolo e incompleto frammento:
Turchia
Dopo di che nel 1998 il governo federale nero-giallo sotto Helmut Kohl autorizzava la fabbricazione di un mezzo milione di fucili HK-33 in Turchia, nel mese di giugno 2000 il governo federale rosso-verde sotto Gerhard Schröder (SPD) diede alla allora Fritz Werner luce verde per la costruzione di una fabbrica di cartucce calibro NATO 5,56 mm. La fabbrica fu costruita dal 2003 in poi e aveva un valore di 46 mio di Euro. Fritz Werner è a capo di un consorzio di imprese belghe, francesi e spagnole. Il contratto tra la Turchia e l’impresa spagnola Santa Barbara prevede che l’ultima produca ogni anno 750 tonnellate di polvere per cartucce.3 Questa quantità basta per la produzione di circa 400 milioni di proiettili 5,56 mm. Nel 2000, l’anno delle autorizzazione per l’export in Turchia, si poteva leggere nel resoconto di Amnesty international sulla Turchia che la tortura vi era „diffusa“. Febbraio 2010 il consiglio di sicurezza federale ha deciso definitivamente che Fritz Werner può esportare in Turchia l’attrezzatura per la fabbricazione di munizioni per un valore di 854.250 Euro. Quando fu fornita non si sa.4
Sono solo ciniche le frasi vuote dex politicx tedeschx quando insistono sul rispetto dei diritti dell’uomo nelle nuove zone di guerra della Turchia. La stessa Turchia riarmata con le armi tedesche. La stessa Turchia che non ha mai fatto un mistero di quel che combinano nelle zone curde. Lì ora l’ultima regione sicura e risparmiata dalla guerra è distrutta e sono uccise e scacciate le persone che vi vivono. Con l’obiettivo di insediare altri gruppi di popolazione, ossia più precisamente le milizie islamiste del cd IS e consorti. Negli anni ’90 questo andava sotto il nome di „pulizia etnica“. Ed è proprio questo. Pulizia etnica e guerra, scatenata e portata avanti da un stretto „alleato“ e membro NATO.
E l’attuale governo tedesco dichiara che questa volta davvero non vuole più esportare dei beni bellici. Perlomeno quelli che possono essere impiegati in Siria. Ma che idea? Solo mimetiche da neve per l’esercito turco?!
La Germania realizza milioni di Euro con le guerre turche. E accuratamente anche dopo l’antecedente entrata dell’esercito turco ad Afrin. Al più tardi dopo questa, era del tutto chiaro dove si va a parare.
Arabia Saudita
Ai tempi del gabinetto Merkel II (nero-giallo), nel mese di giugno del 2011 il consiglio federale di sicurezza autorizzava definitivamente tre export di attrezzatura per la produzione di munizioni per il valore complessivo di circa 1,13 mio Euro in Arabia Saudita.5 Nel mese di giugno 2017, il consiglio federale di sicurezza autorizzava alla Fritz Werner Industrie-Ausrüstungen Srl l’export d’attrezzatura e d’equipaggiamenti militari per 8,9 mio. di Euro all’Arabia Saudita.6

Messico
Nel mese di giugno 2006, Ferrostaal apriva un impianto di produzione in Messico per produrre una serie d’imitazioni del G36. All’inizio ne furono dotate le unità speciali militari GAFE, che con questo fucile soffocarono l’insurrezione della dignità indigena dell’EZLN. Più tardi uno dei più brutali cartelli della droga in Messico reclutava forze da queste unità.
Una lista delle partecipazioni di Ferrostaal /Fritz Werner a dei crimini qui non è possibile – ma è buona tradizione federale tedesca. Addirittura il governo militare burmese fu corteggiato per anni da quest’impresa. „Senza dubbi il governo tedesco ha una certa corresponsabilità per le uccisioni nel Burma, poiché delle ditte tedesche hanno fornito le armi o gli attrezzi per la fabbricazione d’armi. Il governo tedesco non ha dato solo il suo consenso, ma ha realizzato anche attivamente. Se consegno un arma a qualcuno sapendo che con questa uccide qualcun altro, nella maggior parte dei paesi s’è definiti tirapiedi. Visto così, la Germania e complice del massacro del 1988 e della guerra contro le minoranze etniche.“ dice Mark Farmaner, direttore della Burma Campaign London.7
(per ulteriori info di sfondo vedi per es. la Informationsstelle Militarisierung8)
Il nostro sabotaggio è diretto contro tutte le macchinazioni di Ferrostaal, contro gli effetti sanguinari della loro massimizzazione del profitto. Ma ci riferiamo particolarmente alla resistenza a Rojava, che con l’ausilio della sua tecnologia stanno giusto facendo a pezzi.
In Siria del nord, le persone costruiscono un’auto-amministrazione democratica. Nelle sue formazioni e nei suoi principi è molto più vicina alle democrazie parlamentari del mondo occidentale che ai blocchi di potere che la circondano. Una differenza forte è che, come gran parte delle trasformazioni sociali progressiste, anche questa fu conquistata dal basso, dalle persone. Anzitutto con l’enorme partecipazione delle donne e la loro uguaglianza sia quotidiana sia nelle battaglie. E non si può mai apprezzare abbastanza il fatto che, addirittura, nei rivolgimenti sociali hanno spesso assunto il ruolo di battistrada. Questi sono i nostri nessi con i capovolgimenti rivoluzionari a Rojava. Il tentativo di costruire una società liberata e la rivoluzione femminista di Rojava ci riempiono di speranza. E il tutto in una situazione con l’Iraq mandato nel baratro del fallimento dalle invasioni occidentali, con i cd territori d’opposizione in Siria dove con la protezione dello Stato turco si collauda la sharia, e con la Turchia stessa, che con i suoi sogni cd neo-osmanici è indubbiamente uno Stato autoritario che solo con l’attacco contro altrx può velare la corruzione delle proprie élite.
Ma, dal canto loro, lx curdx in lotta sono esemplari sia nella coerenza del loro agire sia nel perorare la propria causa. D’altronde è una lotta comune per la liberazione dei generi, contro la guerra e lo sfruttamento capitalista, per una partecipazione collettiva e contro le esclusioni per provenienza e orientamento sessuale. Queste lotte sono attuali e in ogni dove nel mondo sono le forze progressiste e radicali che s’impegnano per la liberazione delle persone. Certamente, le relative condizioni e le premesse nelle quali lottiamo sono diverse. I tentativi di sinistra radicale nelle metropoli centrali europee sono quasi imparagonabili con gli approcci d’organizzazione dex amicx curdx, e meno che mai in quanto all’inimmaginabile prezzo in sangue, sofferenza e morte che pagano. Ma c’unisce l’idea, il sogno comune che in un futuro le cose miglioreranno. Non per pochx, per tuttx!

Il prezzo della vita
Il nostro sogno di una buona vita liberata è lo stesso sogno dex compas in Kurdistan o nel Chiapas. I mezzi, i percorsi, le circostanze e il vigore sono del tutto differenti di quelli che ci sono nel Chile, a Parigi, Seattle e Serê Kaniyê.
Noi pensiamo che la resistenza è necessaria ora e qui. Lottiamo dove viviamo – cioè nel posto dal quale i dittatori e i loro regimi in questo mondo sono riforniti d’armi e munizioni. Altrx tra di noi partecipano pure alle lotte, alla costruzione e alla resistenza a Rojava. Alcunx tentano qui nei modi più vari d’interrompere il perdurante e tuttavia così doloroso silenzio nell’Europa occidentale. Migliaia si riuniscono nelle manifestazioni, ci sono azioni di disubbidienza civile, blocchi delle istituzioni turche, blocchi stradali o delle imprese tedesche delle armi. Ci riteniamo parte del movimento di cui le diverse azioni possono e potranno emanare forza e potenza contro la guerra solo nell’affiatamento. La resistenza, la nostra lotta comune è il nostro punto forte. Rafforziamo le azioni, le manifestazioni e la pressione sui profittatori del massacro! Ma per non sparire nel clamore dei media ci servono azioni ad effetto pubblico.
Il gioco di squadra stabilirà la nostra forza – la corrispondenza delle lotte!
Ognunx di noi deciderà dove stare. E ognunx sceglierà l’azione e la via della resistenza più adatta. Quel che importa è la stessa direzione del percorso.

Nella nostra azione abbiamo accertato molto bene che l’obiettivo attaccato sia vuoto per non rischiare di ferire delle persone. Cosa che Ferrostaal non può affermare di sé stessa. Le sue armi tedesche massacrano in tutto il mondo. Speriamo che la nostra azione abbia alterato perlomeno per alcuni giorni il buon funzionamento dell’azienda. Crediamo che anche una sola arma, un solo proiettile di meno nelle mani di Erdogan vale tutto l’oro del mondo. È il prezzo della vita. Qual’è il tuo prezzo?
La voglia di libertà è un nostro bisogno comune ed è più forte d’ogni cella di una prigione, a volte anche più forte della morte.
Salutiamo tuttx lx compas in fuga e nelle galere, anzitutto tuttx quellx che continuano a lottare. Saluti solidali a Loic e ax tre della panchina del parco, e a tuttx che stanno da nessuna parte. L’azione è dedicata ad Anna Campbell. S’aggregava alla lotta delle donne nel movimento di liberazione curdo e combatteva contro il cd Stato islamico. Fu uccisa ad Afrin dalle milizie turche, dai mercenari turchi con armi turche. Forse fabbricate e progettate a Geisenheim, da Ferrostaal.
I suoi compas in Inghilterra bloccarono un’azienda delle armi, noi abbiamo deciso di incendiare una fabbrica.
„Per questo cuore vasto e galvanizzato, ebbro di solidarietà, l’unica aria respirabile è l’amore per l’umanità“

Autonome Gruppe
Kommando Hêlîn Qereçox /Anna Campbell

1 http://www.bits.de/public/pdf/rr16-01.pdf
2 https://ir.rheinmetall.com/download/companies/rheinmetall/Annual%20Reports/DE0007030009-JA-2017-EQ-D-00.pdf (pagina 164)
3 Jürgen Grässlin, Versteck dich, wenn sie schießen, S. 374f, www.juergengraesslin.com/27266-S001-480-kleiner.pdf, pag. 343
4 Bundestag Drucksache 18/4194, pag. 14
5 Bundestag Drucksache 18/4194, pag. 23
6 Bundestagsdrucksache 18/13277
7 https://www.vice.com/de/article/yp37k5/warum-der-diktator-myanmars-einen-tempel-als-dank-fuer-armideals-in-den-rheingau-bauen-liess-111
8 https://www.imi-online.de/2019/10/18/deutsche-armi-beim-tuerkischen-militaer/

Fonte: Indymedia, trad. mc

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